Per un esame di coscienza motivato - 3 Massimo Rastrelli s.j. |
Primo Comandamento -- Secondo Comandamento -- Terzo Comandamento -- Quarto Comandamento -- Quinto Comandamento -- Sesto Comandamento -- Settimo Comandamento -- Ottavo Comandamento -- Nono Comandamento -- Decimo Comandamento
Settimo Comandamento: “Non rubare”. |
Ogni persona va rispettata e va rispettata anche nelle sue cose. Se uno va in casa di qualcuno e si appropria delle sue cose, ruba. Rispettare la persona nelle sue cose vuol dire credere che le cose siano sue, e quindi tali da non poter essere tolte a lei, per farle proprie. E nello stesso senso questo che si è detto della persona, vale anche per la collettività. Ci sono cose della collettività, che non si possono trattare come proprie, né ci si deve sentire nella possibilità o nel gusto di appropriarsene o di rovinarle. Il rispetto delle persone nelle loro cose ha un applicazione molte estesa e vasta a cui dobbiamo guardare per formarci una coscienza onesta.
Avere e non dare
Se si hanno ricchezze, da accumulare o accumulate, e non si condividono con coloro che sono nel bisogno immeritatamente, si compie una appropriazione nociva. Anche la Costituzione italiana nell’articolo 41 dice che si può certamente perseguire il proprio meritato profitto economico, purché non lo si persegua contro il bene sociale, in complicità malavitose e contro il bene della persona umana propria ed altrui. Se si ottengono dei servizi, i servizi goduti hanno dei costi precisi, tanto maggiori, quanto migliori sono i servizi di cui si gode, e quei costi bisogna pagarli.
Non pagarli è rubare. Ruba chi non paga il trasporto urbano, approfittando che non ci sono controlli, e, tanto più, quanto, può ben pagarli. C’è anche un rubare poco avvertito, che è quello di essere benedetti da Dio, di avere molti soldi, di accumularli, con egoismo e di farli servire solo all’utile della propria casa, senza mai aiutare il povero che abita vicino. Noi moriremo con una grande responsabilità, poiché viviamo molto spesso nella opulenza, ci procuriamo tutto per noi, anche il superfluo, e non diamo niente agli altri.
E’ dovuta la decima
Se abbiamo beni in abbondanza, dobbiamo farci coscienza di dare ai bisognosi almeno il dieci per cento del proprio guadagno, come comanda Mosè e Gesù conferma. Ed è bene farlo attraverso i missionari, che danno il mangiare proprio ai poveri, e non farlo attraverso lo Stato o le grandi e piccole organizzazioni civili, che disperdono e rubano.
Ottavo Comandamento: “Non diffamare”. |
S.Ignazio dice che, se noi facciamo sapere a coloro che non lo conoscono il peccato occulto di un altro, noi facciamo un peccato di diffamazione di uguale valore: facciamo peccato mortale, se manifestiamo un peccato mortale, o facciamo peccato veniale, se manifestiamo un peccato veniale. Cioè, se c’è un peccato nascosto e lo vado a raccontare ad un altro, ed il peccato di cui parlo è mortale, anche, se è vero quello che vado dicendo, io debbo sapere che faccio io stesso peccato mortale: peccato di diffamazione.
Gesù non ha mai parlato sui peccati degli uomini. Anche quando gli hanno riferito di peccati fatti da altri o fatti dai suoi Apostoli, Gesù ha sempre soltanto taciuto e lasciato cadere l’accusa. Se degli altri non possiamo parlare bene, non dobbiamo mai parlare male. Parliamo certamente male degli altri e di noi stessi, quando parliamo dei peccati loro o nostri.
Parlando del male ci facciamo preda del male e ci assoggettiamo al demonio
Quando parliamo dei peccati, nostri o altrui, noi diffondiamo il peccare e i peccati: facciamo anche pubblicità al demonio e al demoniaco, che è nell’uomo e tra gli uomini a causa del loro peccare. Diffondiamo l’opera demoniaca e non diffondiamo, come pur dovremmo, tutta la meravigliosa opera di Dio. Non solo diciamo ciò che non dobbiamo dire, ma, nello stesso tempo, non diciamo quello che dovremmo assolutamente Dio: le meraviglie di Dio e i suoi benefici a bene dell’uomo. Nel parlare del male, ci si fa l’idea, personale e collettiva, della forza e della necessità del male. E si cade anche in una gravissima ed inavvertita mentalità superstiziosa.
Nella misura in cui si pensa che il male è forte e dominante, non si crede che l’Onnipotenza appartenga a Dio. Quindi non si prega Dio e si rimane privi dell’ aiuto di Dio. Si sperimenta di fatto l’assoggettamento al male e ridiventa sempre più superstiziosi, senza fede e dominati da satana e da tutto il mondo demoniaco. Bisogna esaminarsi seriamente e bene, per vedere se non si sia infiltrata, anche in noi, la diffusa mentalità superstiziosa, che è una mentalità menzognera. Non sono pochi quelli che, vedendo le loro cose andare male, invece di ravvedersi, per farle andare bene, neppure pensano che, per farle andare bene, debbono essi stessi non fare il male ed invocare con fede ferma l’aiuto di Dio. Pensano, allora, di avere avuta una fattura, cioè di essere stati fatti oggetto di cattiveria e di malevolenza da parte di qualcuno.
Pensano, cioè, che una cattiva volontà altrui abbia voluto il loro male e pensano che, il male, voluto dagli altri, possa avere avuto potere su di loro o possa avere potere su di loro al presente o nel futuro. Appena qualcosa non va bene, subito dicono: “Abbiamo avuto una fattura”. E trovano anche pronto consenso. Invece, bisogna sapere che, chi parla delle opere del demonio, chiama il demonio. Il demonio, infatti, esiste e lo si chiama, parlando di quello che lui fa, come anche Dio si chiama parlando di quello che Dio fa. Tutto questo modo di pensare fa parte di tutta quella “Grande Menzogna”, di cui Gesù ha parlato, e che ha per ”padre” ed “autore” primo; Satana in persona.
O sono verità o sono menzogna
L’ottavo comandamento obbliga a non mentire contro le verità e più ancora contro tutta la Verità: cominciando, prima di tutto dalla “Verità fondamentale”: quella che, alle cose tutte, deriva dal rapporto nostro personale con Dio e del creato tutto con Dio. L’ottavo comandamento dice, a me e a tutti, di non dire falsa testimonianza, di non essere mendace, di non dire bugie. Chi dice falsità, è falso lui e fa falso colui a cui parla, ingannandolo rispetto alla realtà delle persone, dei fatti e delle cose. Il deviare se stessi dalla realtà, il deviare gli altri dalla realtà è un peccato perché è un danneggiarli. Oggi ci sono scuole ideologiche e partiti, che credono di dover dire agli altri non la realtà delle persone, dei fatti o delle cose, ma ciò che è loro utile, e non importa se quello che dicono e dannoso a coloro a cui parlano e di cui parlano. Chi dice il falso è menzognero e falsario. È truffatore. E’ anche diffamatore e calunniatore. Anche di te non dice quello che sei e che è vero, ma dice quello che è a lui utile e proficuo.
La menzogna danneggia
Chi dice menzogna non si attiene alla verità: falsifica e danneggia. Crede di aver trovato la via breve per aggiustare le cose per vivere in pace o per fare i propri profitti e guadagni. Ma a più lungo termine viene conosciuto per falso e per falsario. E quindi verrà ritenuto inaffidabile. Allora il detto falsario verrà fatto giustamente oggetto di prudente diffidenza e non sarà creduto da nessuno, anche quando vorrà dire la verità. Chi accetterebbe come socio di affari, o come coniuge, o anche solo come compagno di strada e di viaggio una persona falsa? Il dire falsità, comunque, distrugge i rapporti di fiducia di amore. Chi dice menzogna distrugge la sua vita stessa e i suoi rapporti. La falsità della persona oscura la limpidezza e la luminosità della fedeltà, turba la festa degli incontri e dello stare insieme. E chi dice falsità, si aliena totalmente e talmente, e deve sapere che non riuscirà a correre ai ripari né potrà rifarsi identità e faccia, dicendo che ha scherzato.
Non si scherza mai quando non si indice prima il gioco, che si intende fare, nei suoi giusti momenti e con le sue regole. Mentre si parla con qualcuno, e tanto più, quanto più la persona con cui si parla è nuova e non conosciuta, non si può assolutamente scherzare, coprendo con uno scherzare anch’esso falso, la propria reale e vera falsità. E bisogna anche dire che, quando si perde la responsabilità verso la verità, e ci si disimpegna dalla verità, si crede di poster poi manipolare la “realtà” a proprio comodo. Ma, difatti, si perde la distinzione tra il bene e il male, si diventa cinicamente capaci di giurare e di spergiurare e di farlo anche dinanzi a Dio o su Dio.
A questo punto si diventa addirittura sacrilegi verso Dio e del tutto inaffidabili verso gli uomini. Si costringono gli uomini a diffidare del mentitore, che si ritroverà allontanato da tutti non per mancanza di solidarietà da parte degli altri, ma perché fallace lui stesso e tale da dover essere respinto in ogni sua richiesta, per il dovere che gli onesti ben conoscono di non poter farsi intrappolare da imbroglioni. Gesù diceva: “Attenti, vi mando come pecore in mezzo ai lupi”.
Questi comandamenti riguardano i desideri, di cui la persona porta la responsabilità morale e che possono essere essi stessi peccato o virtù. Noi, tendiamo a pensare che il peccato sia solo nell’azione e sbagliamo rovinandoci moralmente e nel rapporto effettivo con Dio e con gli uomini. Certo nell’azione c’è più peccato, perché, nel fare, c’è, non solo un desiderio, ma c’è un desiderio messo in atto. Ma già nel desiderio, c’è il peccato e c’è tutto il peccato, perché la volontà libera della persona, anche nel desiderio, e anche col solo desiderio, già sceglie il male e pecca, o sceglie il bene e merita. Assume quindi, di conseguenza, la responsabilità del bene o del male e si fa buona o cattiva. Per questo Dio, nella sua legge, ci dice che il peccato è già nei desideri, e che bisogna tenere sotto controllo anche il desiderio.
Secondo la legge di Dio e secondo la stessa natura delle cose, sia il cuore, nei suoi amori e nei suoi desideri, sia la volontà libera nelle sue scelte e nelle sue azioni, debbono avere come sommo ed unico desiderio l’unione con Dio nostro Signore, nel tempo della vita e nell’eternità, e la conformità con Lui: perché Dio è in realtà il nostro Unico e Sommo Bene. Solo in Dio amato, il bene, che consiste nella comunione di vita con Dio, nel giusto possesso di tutte le cose e nella vita stessa, è eterno. La piena e perenne festa del cuore e della vita deve essere vissuta nello "stare con Dio”, perché solo in questo può generarsi e consistere.
Nono Comandamento: “Non desiderare la roba d’altri”. |
Stare nelle cose, senza Dio, è dare alle cose il posto di Dio nella propria vita, significa, al contrario, sostituire a Dio mille idoli, che Dio non sono, e che possono soltanto svuotarsi e dissolversi, come certamente avverrà, nell’ora della delusione che smaschererà sempre l’illusione del giorno prima, come certamente avverrà, e definitivamente e per ciascuno, nell’ora della propria morte.
Dare all’Idolo il posto che deve essere dato a Dio è grave peccato. E’ anche annullamento della propria intelligenza e della propria responsabilità. Come Dio, e a sua somiglianza, anche la persona umana, deve essere sempre incontrata come fine da servire,e mai come mezzo da asservire o come soggetto da dominare. La Persona va rispettata prima di tutto in se stessa , ma anche nelle sue cose e nei suoi possessi. Il IX° Comandamento ordina di non desiderare cose che siano di altri, perché siffatto desiderio porta a rubare. Ma è necessario capire che il peccato si commette già nel solo desiderare, anche se di fatto non si ruba.
Decimo Comandamento: “Non desiderare la donna d’altri”. |
La Persona va rispettata anche e soprattutto in se stessa. Il X° Comandamento ordina di rispettare la Persona in se stessa. Per questo l’uomo deve rispettare la donna, e corrispettivamente la donna deve rispettare l’uomo, sicché uomini e le donne debbono rispettarsi vicendevolmente. Questo rispetto reciproco è anche il fondamento logico di rapporti validi sotto l’aspetto della educazione, ma è anche alla base del corretto e costruttivo vivere civile. E’ certamente il principio insostituibile della vivibilità nella convivenza famigliare, civica, nazionale e mondiale.
Amore e valorizzazione
Come Dio, anche la donna in particolare, se deve essere amata e valorizzata, non può mai essere strumentalizzata e fatta oggetto di desiderio possessivo, di desiderio di dominio e di asservimento e neppure può essere fatta oggetto di appropriazione e di espropriazione da parte di altri. La donna, in se stessa, è soggetto libero e sovrano e non può essere mai fatta oggetto in nessun senso da parte di nessuna persona e di nessun uomo, di nessuna legge e di nessun potere. La donna è persona proprio come è persona l’uomo. Come tale, e perché tale, può solo essere fatta oggetto di amore. Gesù ha definitivamente portato questo valore nel mondo nei rapporti tra gli uomini: e lo ha anche, nello stesso tempo, inaugurato, vissuto, fatto vivere e concluso. Amare, significa soltanto valorizzare e servire la persona nel suo valore reale ed oggettivo, perché la persona è sempre e soltanto, un “fine”.
Bisogna rifiutare assolutamente sempre e dovunque la strumentalizzazione come negazione del vero amore. E bisogna sapere bene che possedere la donna significa, al contrario, farla strumento ai propri scopi. Gesù disse molto chiaramente che, se un uomo guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel proprio cuore. La donna può certo ben essere guardata: ma deve sempre essere guardata, con stima ed ammirazione, e al solo scopo di valorizzarla e servirla. Se la si valorizza la sia ama. Se la si asservisce, o fisicamente, o psichicamente, o psicologicamente, o economicamente, o sessualmente o moralmente, non la si ama, ma la si rende schiava. E chiamare amore qualcuno di tutti questi asservimenti non cambia il male che si fa, ma rende soltanto falsi e menzogneri, coloro che chiamano amore la strumentalizzazione.
In un mondo fatto da persone senza Dio, il cuore può accecarsi ed indurirsi fino al punto da non saper più stabilire rapporto interpersonale morale, costruttivo e buono, che non sia di strumentalizzazione, di svalorizzazione, di possesso, di asservimento e di disprezzo dell’altro, e della donna in particolare. C’è una precisa e fondamentale rilevanza morale del desiderio nella legge morale e di fronte a Dio Il desiderio è importantissimo nella vita morale e relazionale. E’ molto importante ribadirlo. Anche i desideri, e non solo le azioni, definiscono gli ambiti stessi dell’essere personale nella qualificazione morale di tutta la propria operatività e al fine di porre la persona stessa nelle opposte dinamiche del bene o del male. Anche per i desideri che nutre l’uomo diventa buono o cattivo, capace di far bene o di far male.
Possibilità psicologica e necessità morale del controllo dei desideri
Bisogna tenere sotto controllo ciò che si fa, per crescere nella capacità di far bene e per non scadere nel baratro del far male. Ma bisogna tenere sotto controllo anche ciò che non si fa. Ci sono, infatti, anche peccati di omissione, se il desiderio del bene necessario che ci è richiesto di fare, non viene coltivato, e quel bene non viene fatto, anche in questo si pecca. Come c’è un peccato nell’operazione interiore, prima ed oltre l’azione esteriore, così nel rifiutare di fare un dovere chiaramente avvertito nella coscienza morale costituisce peccato di omissione.
E se si coltiva un desiderio moralmente cattivo, come il pensare di non adempiere un preciso dovere morale, anche in questo certamente si pecca e bisogna saperlo. Il nono e decimo comandamento stabiliscono dinanzi alla coscienza morale di ciascuna persona l’obbligo di nutrire il desiderio buono e di rifiutare il desiderio cattivo.
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